Milano
(Rainbow Club), 05 Novembre 2003
Serata
tranquilla, si entra senza affanni. Il pubblico è quantificabile
in circa due/trecento unità, tra cui si possono notare, soprattutto
sentire (ma quanta birra riescono ad ingurgitare in una sola serata?!),
numerosi irlandesi, supporter dell´artista principale che andrà
a suonare.
Di spalla
Joel Shearer, leader, si presuppone, data la perseveranza con cui ci ricorda
líindirizzo del sito web di tale gruppo (ma anche perché líavevo
letto sui cartelli), dei misconosciuti Pedestrian.
Voce,
chitarra acustica e in ausilio una pedaliera ricca di effetti elettronici.
Il timido cantautore ci allieta durante quell´oretta che precede
l´entrata in scena di Rice e la sua banda con lievi ballate acustiche,
che altro non potrebbero ricordare se non l´indimenticato Jeff Buckley.
Almeno per quanto concerne l´attitudine alla paranoia, quei giri
ossessivi di chitarra, la voce docilmente squartata. Ogni tanto qualche
apertura più grintosa, operata con l´uso di quegli effetti
brittiani, di cui síè discusso sopra.
Sommando
il tutto una buona esibizione, abbastanza toccante e felicemente psichedelica.
Quanto basta, insomma, per riempire la bocca di quellíacquolina che tanto
si addice alle buone portate.
Si riesce
giusto a fumare una sigaretta, fare una capatina ai servizi e scorgere
tra il pubblico una delle due Kris (al termine di pignoli accertamenti),
la nostrana Irene Grandi e una delle tante VJ passate per la grande mamma
(avvelenatrice, verrebbe da dire) Mtv, che Damien e i suoi sono già
in assetto da competizione.
Si presentano
in formazione non esattamente canonica: una biondissima (e dolcissima)
violoncellista, una voce femminea (carina anche lei!), un batterista pelato,
un robusto bevitore di birra a vergare il basso e Damien alla sei corde
acustica, sempre usata con effetti.
Io e
il mio amico ci affrettiamo ad occupare una buona posizione vicino al palco
per non perderci nemmeno un momento.
La data
è líultima del tour europeo per líallegra combriccola e ciò
appare evidente dalla maniera coesa e affiatata con cui vengono eseguiti
i brani. Il concerto si dipana per due ore buone senza mai dare adito a
dubbi sulla bontà dei musicisti che ci troviamo di fronte.
Pop-rock,
puro e semplice, con riferimenti marcati ai primi Turin Brakes, al Badly
Drawn Boy più dilatato, al Tom Mc Rae più bonario e un vago
sapore Drakeiano: a buon intenditor poche parole.
Restano
fisse nella memoria la cover smozzicata di Creep (Radiohead) infilata a
tradimento (magari fossero tutti così) in mezzo alla nervosa The
Blowerís Daughter, il momento solista concesso a Vyvienne che esegue una
Seven Nation Army (The White Stripes) da brivido, avvalendosi del buio
per combattere la timidezza che la contraddistingueva, e del battito delle
mani di tutto il pubblico per tenere il tempo, fissando un patto non scritto
con tutta la sala, fondato sullo scambio di emozioni, sensazioni suoni:
roba che viene da chiedersi perché il mondo sia così schifoso.
E ancora sono rimasti incasellati in testa il riff maleficamente perfetto
di Eskimo Friend, la voce elfica di Lisa Hannigan e le sue goffe acrobazie
coi nastri, le smorfie sibilline dellíimmenso (in tutti i sensi!) bassista
e le bottiglie di vino che i Nostri hanno stappato sul palco a fine concerto,
tirandosi dietro líira funesta di tutti coloro, me compreso, che i soldi
per bere li avevano ormai terminati.
Il concerto
sembra non finire mai, ed io ho una giornata universitaria che mi attende.
Da una parte vorrei andare a casa prima del termine, ma dallíaltra (che
poi ha avuto la meglio) non avrei saputo staccarmi da un momento così
intenso e partecipato. Perché il pubblico era letteralmente in delirio
per questi cinque scalmanati musicisti irlandesi, un delirio omogeneo e
sinceramente meritato.
Dopo
il brindisi, un interminabile presentazione di tutti i personaggi che hanno
reso possibile il tour (dallíautista del bus al lucida-chitarre!), dei
componenti del gruppo e aver fatto una promessa di ritorno nel Belpaese
per febbraio/marzo 2004, il sipario si abbassa e noi corriamo fuori con
mille storie ancora nella mente, cercando di azzeccare, almeno per una
volta, la circonvallazione. |